Turismo sostenibile e birdwatching. Linee guida per una fruizione responsabile del territorio

Le radici del concetto di “sviluppo sostenibile”, da cui ha tratto origine la definizione di “turismo sostenibile”, affondano nell’indignazione verso lo scempio ambientale divenuto dilagante, a livello planetario, a partire dal secondo dopoguerra e nella presa di coscienza della necessità di un nuovo modo di intendere il progresso e, conseguentemente, di agire.

In biologia, per “sviluppo” si intende il processo attraverso cui un determinato organismo giunge alla sua forma completa. Il trasferimento di tale concetto dalla biologia alle scienze sociali avvenne nel XVIII secolo con la nascita del capitalismo, l’avanzamento della rivoluzione industriale e l’identificazione della crescita economica con l’idea di sviluppo. Secondo l’assioma che sta alla base del concetto di progresso, la civiltà dovrebbe, quindi, progredire verso forme sempre più perfette capaci di garantire il benessere dell’uomo.

Alla fine degli anni ’60 e, ancor più, all’inizio degli anni ’70 del ‘900 le cose cambiano: l’intero paradigma comincia a vacillare sotto la spinta della crescente crisi ambientale globale. Nel settore turistico si assiste allo stravolgimento e, nei casi più gravi, alla cancellazione della fisionomia originaria delle località investite dal turismo di massa.
R. Butler, all’inizio degli anni ’80, analizzando il ciclo di vita delle località turistiche, individua sei fasi:
1) l’esplorazione, in cui il turista pioniere (world traveller) prende un primo contatto con la località “scoperta”;
2) il coinvolgimento, in cui i locali fiutano la possibilità di guadagno derivante dallo sfruttamento turistico intensivo dell’area;
3) lo sviluppo, in cui l’afflusso di turisti aumenta, superando in numero la popolazione locale e spingendo il turista pioniere a cercare nuove mete;
4) il consolidamento, in cui il flusso turistico si stabilizza e il turismo diventa l’attività fondamentale;
5) la stagnazione, in cui si verifica una diminuzione dell’arrivo di turisti e l’esaurimento delle risorse originarie con conseguente sostituzione delle stesse con attrazioni artificiali (ad esempio parchi divertimento); 6) il declino, fase finale in cui gli investitori fuggono e si verifica una perdita della competitività e una riconversione delle strutture.
Nel 1988, l’elaborazione del concetto di turismo sostenibile da parte dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), derivante dalla definizione di sviluppo sostenibile enunciata dalla World Commission on Enviroment and Development (WCED) nel Rapporto Brundtland nel 1997, ha cercato di ovviare a tale tendenza distruttrice affermando che “Le attività turistiche sono sostenibili quando si sviluppano in modo tale da mantenersi vitali in un’area turistica per un periodo illimitato, non alterano l’ambiente (naturale, sociale ed artistico) e non ostacolano o inibiscono lo sviluppo di altre attività sociali ed economiche”.

I punti cardine di tale principio sono riassumibili e suddivisibili in quattro macro-aree:
cultura e tradizioni locali (rispetto dello stile di vita e della cultura delle popolazioni locali);
tutela dell’ambiente e del territorio (salvaguardia e promozione dell’ambiente naturale, del paesaggio e del patrimonio artistico e architettonico);
sviluppo economico (ricadute positive sulle economie locali e regionali, aumento della qualità nella produzione di beni e servizi, creazione di nuovi posti di lavoro e utilizzo delle nuove tecnologie);
equità sociale (soluzioni adeguate per i turisti in termini di costi, tipo e qualità dei servizi offerti, condizioni di lavoro accettabili per gli operatori).
In campo naturalistico, il birdwatching può essere considerato a tutti gli effetti, se svolto tenendo in considerazione alcuni principi deontologici fondamentali, un’attività di turismo sostenibile, in quanto soddisfa almeno tre delle suddette macro-aree. L’osservazione degli uccelli costituisce una vera e propria attrazione turistica, capace di calamitare i più diversi segmenti d’utenza: dall’ornitologo di professione al birdwatcher amatoriale, dal professore di Scienze sensibile alle tematiche ambientali al semplice appassionato di natura. La conoscenza diventa inoltre il primo passo verso la valorizzazione e, soprattutto, la tutela delle specie ornitiche, per una diffusione a scala più o meno ampia di una cultura ambientale troppo spesso snobbata dai programmi scolastici ministeriali.

Per il fatto di essere svolto, nella maggior parte dei casi, in aree di particolare interesse naturalistico e fragilità, il birdwatching richiede l’utilizzo di un codice deontologico ben preciso. Innanzitutto, è necessaria una minima conoscenza del territorio e delle specie per sapere dove è più probabile incontrare gli uccelli che si vogliono osservare e per adottare alcuni accorgimenti indispensabili, al fine di arrecare il minor disturbo possibile alla fauna. A loro volta, gli operatori locali individuati per lo svolgimento di corsi specializzati e/o per l’accompagnamento di turisti desiderosi di intraprendere tale attività dovrebbero, oltre che adottare le misure necessarie alla minimizzazione del disturbo, possedere i requisiti e le competenze idonee. Se svolto in maniera approssimativa e superficiale, infatti, il birdwatching può andare incontro ad un effetto boomerang del tutto negativo per la fauna e l’immagine turistica del luogo. Al contrario, se opportunamente valorizzato e sostenuto, può diventare un indiscutibile volano per il settore terziario, sempre più in espansione e sempre più proiettato verso contenuti di impronta naturalistica.

Giada Milan [1]

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[1] Laureata in Beni Ambientali e Turismo Sostenibile, è attivista WWF sezione di Rovigo

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