Tra i giganti sulla ciclabile delle Dolomiti

“Sono pietre o sono nuvole? Sono vere oppure è un sogno?”
Dino Buzzati

E’ un caldo giugno giù nella pianura quando, dopo parecchio sudore, arrivo in treno alla stazione di Calalzo di Cadore su due carrozze diesel; non sarà il massimo dell’ecologia ma la sensazione di viaggio d’altri tempi è inclusa nel prezzo.
Basta non avere fretta. Mi riporta al presente la bici da scaricare, che mi sarà compagna per alcuni giorni a pedali sulle piste ciclabili tra Bellunese, Sud Titolo e Trentino.
Queste valli, italiane, ladine o tedesche, le ho frequentate fin dall’infanzia, estate e inverno, anche se da tempo non ci ritornavo più, e così questo lento attraversarle mi darà modo di rivivere anche qualche ricordo.
Prima di partire in bici sosta tecnica in un bar ristorante albergo a una stella dell’epoca del trenino, atmosfera gioviale con battuta sul mio ritardo sul Giro d’Italia e ambiente anni Cinquanta, prezzo del caffè che credevo estinto.
Pronti, via, partenza lungo quella che oggi si chiama ciclabile delle Dolomiti, sede della ex-ferrovia a scartamento ridotto per Cortina e Dobbiaco. Dal 2009 le Dolomiti sono inserite nel patrimonio mondiale dell’umanità dell’Unesco per la loro unicità. Si tratta di uno dei pochissimi siti italiani iscritti per la valenza naturalistica. Lasciato il paese l’aria è tersa e la vista sulle Dolomiti friulane a sud maestosa e piena di colore, meglio lasciar parlare Buzzati.
Il mezzo meccanico non l’ho neanche controllato perché è quello che uso quotidianamente nei miei spostamenti urbani, so di poterci contare. Non ho fretta e prendo una via secondaria, quasi subito salendo a Pieve di Cadore per un saluto alla casa di Tiziano [1], vecchia sì come dice la canzone, ma son sei secoli portati bene.

Riprendo e dopo il cavalcavia sulla statale eccomi a Tai di Cadore: la piazza del mercato è sempre uguale mentre il palazzo del ghiaccio coperto in legno e vetro è nuovo di trinca, ma non stona. Vedo lì la partenza della stradina nel bosco dove un tempo un tizio distillava grappa da ogni cosa; riparto per la mia strada e mi sento molto bene anche senza additivi.
Anche il ricordarmi di aver dimenticato qualcosa nelle sacche non scalfisce l’ottimismo.
I paesi di Valle e Venas non sembrano cambiati, con la statale che quasi entra nelle case. Lungo la ciclabile passo un paio di gallerie di cui una illuminata al neon: pare che qualche ciclista entrato con l’occhiale scuro non abbia trovato l’uscita al primo colpo.
A Vodo e Borca di Cadore le vecchie stazioncine sono state ristrutturate e recuperate a uso centro sociale e aula di educazione ambientale, un po’ come in Spagna lungo le Vie Verdi, anche se là è un progetto strutturato a livello nazionale.
E, cosa importante, le fontane non mancano e l’acqua è super buona. La mia meta per oggi è Cortina d’Ampezzo ma a S.Vito visito una pasticceria nota: non voglio sembrare scortese. In tutto oggi sono 36 km senza deviazioni e salita, sì ma con pendenza da tracciato ferroviario, non oltre il tre-quattro percento; solo qualche rampa in punti dove il percorso dei binari non è oggi più praticabile.
Ogni sosta è occasione per ammirare, dal basso, l’Antelao a destra e il Pelmo a sinistra e per un tratto raggiungo un altro ciclista, a cui rimango affiancato per un po’, chiacchierando.

Ed eccomi davanti l’apertura a conca glaciale dell’Ampezzo, circondata da montagne: Cinque Torri, Tofane, Cristallo, mentre passo quella che è stata la frontiera tra Italia e Impero Asburgico fino alla Grande Guerra, ai tempi eroici di Theodor Christomannos, un avvocato viennese di origine greca trasferitosi a Merano che si adoperò per la costruzione della Strada della Dolomiti intuendone le potenzialità turistiche, nella seconda metà dell’800.
A ogni tempo le sue strade, penso mentre passo il trampolino olimpico del 1956, set della mitica scena del salto di James Bond nel film  “Solo per i tuoi occhi” (1981) con Roger Moore.
Ho scelto di fare tappa a Cortina perché è la regina delle Dolomiti, sì forse un po’ decaduta ma ancora abbastanza aristocratica da non svelarsi a chi passa senza recarle omaggio. Ma l’acquazzone che mi viene incontro non c’entra, è un’usanza in queste valli a quest’ora, e nell’aria più fredda raggiungo la camera che ho prenotato quasi asciutto.
Dopo una doccia esco per cenare che c’è già il sole e trovo dei casunzei rossi niente male, la cameriera slovena simpatica ed alla fine addirittura mi porta lo scontrino: sarà l’effetto delle endorfine sviluppate con la pedalata che mi fa vedere tutto rosa.
Ma i massicci al tramonto dopo il temporale, quelli sono rosa davvero, è una storia di atolli e di coralli lunga duecentocinquanta milioni di anni. Termino la giornata con il passeggio per Corso Italia a guardar “chi ha più bella faccia” e, più in alto, le stelle e constato con piacere che qui senza felpa l’aria punge.

Rientro con le guance rosse, dò la buonanotte al ‘ferro’ (in effetti il telaio è in acciaio) e guardo la carta stradale con le prossime tappe. Prima di tutto domani mattina lascerò la bici per salire in bus e seggiovia alle Cinque Torri, voglio vedere il museo delle trincee della Prima Guerra Mondiale qui realizzato.
Poi ripartirò sulla ciclabile che avrà qualche tratto sterrato non difficile, direzione Dobbiaco e San Candido, passando così in Sud Tirolo.
Dopo Cimabanche so che si sta migliorando un tratto che obbligava i ciclisti a percorrere la strada trafficata, se è pronto sarà un’altra bella notizia. Poi anziché proseguire in Austria per la ciclabile della Drava, scenderò in Pusteria fino a Brunico, meta di domani.
Quindi Bressanone, Chiusa, Bolzano (a trovare Oetzi), Merano e la Val Venosta, antica Via Claudia, dove la ferrovia permette escursioni treno+bici tra le mele e i castelli e di passare ancora alle ciclabili austriache.
Ci sarebbero anche Trento, il Garda e Verona, ma con tutte le occasioni di deviazione so che non mi basterà il tempo per tutto. Si vedrà.

 

 

 

Marcello Amadori
Socio Aigae Emilia Romagna
marcelloamadori@tiscali.it

 

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[1] Tiziano Vecellio , ‘il’ Tiziano. Pieve di Cadore, 1480 c.a. – Venezia, 27 agosto 1576 (N.d.R.).

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