Emergenza PESTE SUINA: il turismo escursionistico e ambientale non va fermato
- 10 marzo 2022
- Comunicazione
- Categoria:News
Mentre prosegue l’emergenza peste suina africana, la Regione Liguria “è al lavoro per introdurre deroghe alle restrizioni per le attività all’aria aperta nella zona stabilita come infetta” come annunciato dal vicepresidente della Regione Alessandro Piana.
Rimane però in vigore l’ordinanza emanata dai ministeri della Salute e delle Politiche agricole, che impone uno stop a caccia, pesca, raccolta di funghi e tartufi, trekking, escursioni in mountain bike e altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali a rischio infezione nei 114 Comuni della ‘zona rossa’, 78 in Piemonte, tutti in provincia di Alessandria, 36 in Liguria, nelle province di Genova e Savona.
Per ora solo il comune di Mornese (AL) fa da apripista, rendendo di nuovo fruibile un sentiero nella zona infetta dalla Peste suina africana: il percorso verde che conduce alla Big Bench, la grande panchina installata in località Bricco Grosso. Gli escursionisti e i camminatori non dovranno allontanarsi dal percorso e dovranno disinfettare le suole delle scarpe alla fine del percorso oppure sostituirle per disinfettarle a casa.
Il settore outdoor è messo letteralmente in ginocchio dalle normative, dopo le enormi difficoltà durante i periodi di lockdown nell’emergenza Covid: le Guide Ambientali Escursionistiche in quei comuni si vedono infatti costrette all’interruzione della loro attività per i prossimi sei mesi, fino a luglio 2022.
“La pratica dell’escursionismo non solo soddisfa un’esigenza di avvicinamento alla natura che è fondamentale per l’essere umano, ma, in concreto, nella nostra valle, contribuisce con cifre importanti a garantire la sostenibilità economica di numerose attività commerciali legate alla ricettività, al turismo, alla vendita di prodotti locali ecc.”. Queste le parole di Irene Zembo guida piemontese associata ad Aigae (Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche), operativa anche in Liguria.
Le Guide sono pronte ad adottare tutte le misure che possano scongiurare l’eventuale possibilità di farsi vettori del virus, organizzando anche vaschette per la disinfezione degli scarponi agli escursionisti a fine escursione e invitando a gestire il cambio d’abiti, a partire dai pantaloni, a fine escursione con distribuzione di opuscoli informativi su come non contribuire alla diffusione accidentale che comunque tramite la pratica dell’escursionismo è valutata come assolutamente remota.
Se è vero infatti che nel mondo venatorio è più diffusa la presenza di persone in stretta correlazione con gli allevamenti suinicoli, l’attinenza è invece molto più rara tra i frequentatori delle attività escursionistiche in particolare quelle organizzate dalle guide.
“Non possiamo essere dimenticati: ulteriori sei mesi di fermo lavorativo causerebbero la nostra scomparsa. Auspichiamo che le istituzioni coinvolte possano trovare quanto prima una soluzione e siamo disponibili a un confronto con tutti i soggetti interessati dall’ordinanza, in modo da poter dare il nostro contributo professionale. Ci faremo garanti di buone pratiche” prosegue Irene.
AIGAE chiede ai rappresentanti più diretti delle comunità locali di agire al più presto, facendo pressione e sollecitando i decisori per ottenere che le restrizioni subiscano le modifiche necessarie a consentire – nel rigoroso rispetto di tutte quelle precauzioni e cautele che si riterrà opportuno indicare – un ritorno quanto prima alla libera fruizione del territorio naturale. Occorrono decisioni, i tempi brevi poiché il danno economico, conseguenza dei provvedimenti, potrebbe gravare sul comparto turistico della zona, aggiungendosi agli effetti del lockdown, che tutti purtroppo conosciamo.
In allegato la lettera aperta ai sindaci dei comuni colpiti redatta da: Cammino dei Ribelli, ComitatoTerritorio Quattro Province, Paradiso Val Borbera, ANPI Valborbera Sezione Pinan, Associazione Albergatori e Ristoratori Val Borbera e Valle Spinti, Associazione Culturale Roba de Streije, Associazione Fondiaria Terre del Bossola, Associazione Ricreativa Culturale Cosola, BorberAmbiente, Boscopiano, Circolo Acli di Rocchetta Ligure, Circolo Acli di Vigo, Comitato Spontaneo di Bosio, Consorzio Miglioramento pascoli Cosola, Oro in Natura, Progetto Ambiente, Pro Loco Albera Ligure, Pro Loco Cabella Ligure, Pro Loco Cosola, Pro Loco Persi, Pro Loco Roccaforte Ligure, Pro Loco Rocchetta Ligure, Pro Loco Mongiardino Ligure, La Strada del Sale (Mercato biologico di Volpedo), Valborbera NaturalMente .
Divieto di frequentazione dei boschi e dei sentieri a causa della peste suina: un provvedimento inaccettabile.
Lo scorso 13 gennaio il ministro della Salute e il ministro delle Politiche Agricole alimentari e Forestali, nell’ambito delle misure disposte per contrastare la diffusione della peste suina africana che ha colpito diversi esemplari di cinghiali, hanno individuato con una ordinanza una zona che, oltre a diversi comuni della Liguria, comprende 78 comuni del basso Piemonte (tra di essi i territori della val Borbera e della val Curone, della val Lemme e dell’Alto Monferrato Ovadese), zona nella quale, per una durata di sei mesi, è stato stabilito un divieto assoluto non solo per l’attività venatoria, ma anche per “la raccolta dei funghi e dei tartufi, la pesca, il trekking, il mountain biking e le altre attività che, prevedendo l’interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti o potenzialmente infetti, comportino un rischio per la diffusione della malattia. “.
Andare nei boschi e frequentare la natura per gli esseri umani è di vitale importanza. Non si parla di “sola” ricreazione, soprattutto in questo momento storico caratterizzato da restrizioni e obblighi che già gravano in maniera importante sulle nostre vite. E, per quanto riguarda l’attività di escursionismo, in aggiunta all’ingente danno per gli operatori dei settori interessati dalle attività all’aperto, l’ordinanza impedisce del tutto, e per un periodo di tempo lunghissimo, la fruizione degli ambienti naturali ad una intera popolazione che, specie in questi tempi di pandemia e restrizione, trova proprio nella frequentazione dell’ambiente naturale non solo il giusto sfogo ai disagi psico-fisci, ma anche un efficace modo per salvaguardarsi dalla forte contagiosità della nuova variante Covid. Molte persone che vengono da fuori, soprattutto nei weekend, scelgono la Val Borbera e le valli appenniniche come destinazione ideale proprio perché sanno di poter trovare un territorio di pace e tranquillità, di autenticità, di elevata naturalità, utile anche per ritrovare benessere ed equilibrio.
Ricordiamo che la peste suina non è dannosa né per l’uomo né per altri animali domestici o selvatici. La criticità di questa forma epidemica non è dunque prioritariamente legata, come nel caso del Covid, a motivi di salute pubblica (il che potrebbe in qualche misura giustificare un approccio simile a quello di cui parliamo): deriva piuttosto dal rischio che il propagarsi della malattia comprometta in modo grave una importante filiera economica (con tutte le implicazioni in termini occupazionali ecc.), quella suinicola. Interessi sicuramente da tutelare ma intervenendo prioritariamente sulla popolazione di cinghiali (unica al momento ad essere infetta nonché certo veicolo), sulla prevenzione e controllo negli allevamenti domestici e nella filiera, per impedire che il virus si diffonda in questi ambiti.
Chi cammina o va in bici lo fa seguendo sentieri prestabiliti, non gira nei boschi senza un criterio. La possibilità che questa forma di presenza umana determini l’allontanamento o lo spostamento di gruppi di animali selvatici (elevatissima invece nella pratica venatoria della braccata) è quindi piuttosto remota. La frequentazione umana degli ambienti naturali è una parte minoritaria del problema rispetto alla veicolazione dovuta ad altre specie selvatiche (anche le zecche possono trasmettere il virus) e il blocco nei modi previsti dall’ordinanza ministeriale avrebbe dunque effetti ben poco rilevanti sulla salvaguardia degli interessi della filiera dell’allevamento suino. Per contro, la chiusura delle attività di tipo escursionistico avrebbe conseguenze estremamente gravi, se non fatali, per un’altra filiera economica (non paragonabile forse dal punto di vista del giro di affari, ma di vitale importanza per i territori interni). Nei nostri territori appenninici, intere economie vivono in gran parte grazie alla pratica dell’escursionismo e del trekking, e sono già in estrema difficoltà a causa del Covid.
Considerato tutto ciò, l’interdizione disposta nei modi perentori ed assoluti espressi dall’ordinanza non è accettabile, e deve essere urgentemente rimodulata. Si adottino tutte le misure precauzionali necessarie (sanificazione delle suole, evitare di uscire dai sentieri segnati per non trovarsi in trottoi o insogli ecc.), ma non si vietino boschi e sentieri, la frequentazione dei quali da parte degli escursionisti potrebbe per altro contribuire ad arginare il fenomeno con la segnalazione tempestiva al personale addetto dell’eventuale presenza di carcasse.